Molti astrofisici ed economisti sono convinti che il primo trilionario della storia dell’umanità sarà sfornato da un settore ancora non attivo ma molto promettente: l’industria mineraria sugli asteroidi. Dagli asteroidi si possono estrarre in grandi quantità materiali molto rari sulla terra: oro, argento, ferro-nickel e soprattutto platino. Planetary Resources ha stimato che un piccolo asteroide dal diametro di 30 metri potrebbe contenere più platino di quanto non sia stato mai scavato sulla terra.
Sono stati scoperti finora 15.000 asteroidi con orbita vicina a quella terrestre, alcuni con un potenziale valore di decine di miliardi di dollari. Per estrarne le risorse converrebbe farli entrare in orbita intorno alla Terra, mandando poi escavatrici su questi asteroidi. Due sono i problemi con questo metodo: il costo dei lanci e la legislazione che regola il settore.
Per quanto riguarda il primo è abbastanza autoesplicativo, mentre il secondo richiede un piccolo approfondimento. È totalmente legale portare grandi asteroidi in orbita terrestre, per quanto pericoloso possa sembrare. Sono anche riconosciuti la proprietà e il diritto di rivendere risorse estratte da asteroidi, ma al contrario non è riconosciuta la proprietà degli asteroidi stessi. Questo significa che, una volta portato l’asteroide in orbita, compagnie rivali sarebbero autorizzate ad appostarcisi e scavare a loro volta. Ovviamente le leggi possono cambiare, ma non vogliamo dare per scontato niente.
Un appostamento su Marte risolverebbe però buona parte dei problemi e in più darebbe accessibilità alla fascia di asteroidi, contenente milioni di questi e con un valore complessivo stimato intorno a 700.000.000.000.000.000.000 di dollari. Ne sono state individuati 711 che valgono almeno centomila miliardi l’uno. I lanci da Marte, a causa della minore attrazione gravitazionale e della rarefatta atmosfera, sarebbero esponenzialmente meno costosi. Vista la difficoltà iniziale di raggiungere Marte, molto minore sarebbe il numero di compagnie in competizione e molti di più sarebbero gli asteroidi da cui estrarre, due fattori che dovrebbero evitare alle stesse compagnie di pestarsi i piedi. Il costo iniziale sarebbe così ripagato ampiamente.
È curioso però vedere che questa ricerca della ricchezza potrebbe essere il motore principale di un processo, la colonizzazione di Marte, che potenzialmente può liberarci dallo stesso sistema capitalista. Come?
Su Marte l’automazione sarà al massimo possibile e di conseguenza la manovalanza ridotta al minimo. I componenti della comunità marziana saranno individui di razza eterogenea, estremamente qualificati e motivati. La maggioranza di questi saranno scienziati, una parte minore sarà composta da ingegneri e più in là, perché no, anche da artisti. Le risorse fornite dalle compagnie e dai governi saranno divise equamente e ognuno consumerà quello che necessita, rimuovendo quindi la necessità di una valuta. Tutti saranno utili alla comunità e svolgeranno l’occupazione a cui hanno dedicato la loro vita e che probabilmente li appassiona. Gli individui nati in questo nucleo societario si adatteranno probabilmente alla sua mentalità, distaccandosi sempre di più da quella di noi terrestri e, col susseguirsi delle generazioni, l’allontanamento aumenterà.
Un signore tedesco dalla grande barba riconoscerebbe alcuni di questi concetti, nonostante la sua immaginazione fosse limitata in parte dalle tecnologie dell’epoca.
Forse la prima colonizzazione sarà ancora troppo radicata nelle sue radici terrestri, compromettendo questo passo evolutivo nella società. Ma con la ripetizione del processo, soprattutto in pianeti più distanti dalla Terra, come possono esserlo alcune lune di Saturno e Giove, è inevitabile che prima o poi il modello societario cambierà, raggiungendo uno stato superiore e più avanzato. È solo questione di tempo.
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