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Riflessioni su “Lo straniero”

da 31 Gen 2025Culture, In primo piano0 commenti

L’autore Albert Camus è considerato, con Jean-Paul Sartre, il padre dell’esistenzialismo francese. Il romanzo “Lo straniero” tratta le tematiche relative all’assurdo dell’esistenza,  concetto che nasce dal contrasto tra il bisogno di attribuire un senso alla vita e l’indifferenza del mondo. Da questo titolo il libro, che simboleggia la completa alienazione sociale e interpersonale vissuta dal protagonista. Viene raccontata la storia di Meursault, un impiegato di trent’anni che, all’insegna della più completa indifferenza nei confronti degli eventi della sua vita e delle  norme sociali,  conduce la sua vita ad Algeri. La sua apatia si manifesta emblematicamente come prima frase del libro alla notizia della morte della madre:

“Oggi è morta mamma. O forse ieri, non so ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: ‘madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti’. Non significa niente. Forse è stato ieri.”

Tale atteggiamento lo porta sotto i riflettori di innumerevoli giudizi e perplessità da parte della società, incapace di comprenderlo. Meursault adotta questo approccio anche dinanzi a violazioni di norme e costumi sociali, dimostrando una totale mancanza di compassione o coinvolgimento emotivo. Tuttavia, è quando diviene l’autore di un omicidio che trova a doversi confrontare anche con la giustizia e con la legge: il suo processo però, non si concentra sul crimine in sè, quanto più sull’apparente insensibilità del protagonista, considerata estremamente inaccettabile. Ad ogni modo, il tentativo di comprendere la sua sfera emotiva si rivela fallimentare,  poiché appare agli occhi di tutti quasi come l’emblema di anonimato sociale. 

C’è una diretta corrispondenza tra i personaggi del romanzo e i temi principali, in particolar modo per quanto concerne il concetto dell’assurdo. Questo concetto rimanda alla condizione esistenziale dell’individuo che prende coscienza della mancanza di razionalità nella vita, scontrandosi con l’infruttuoso tentativo di trovare uno scopo ultimo che giustifichi lo sforzo di vivere, il conformarsi alle norme o provare emozioni. Tuttavia, nella versione camusiana, l’assurdo prende una strada differente: consiste nella piena consapevolezza dell’impossibilità di giungere a tale verità ultima, inducendo di conseguenza a una risposta passiva nei confronti di una realtà priva di significato. 

“Dal fondo del mio futuro, per tutta la vita assurda che avevo condotto, un soffio oscuro mi veniva incontro attraverso anni non ancora nati, e quel soffio livellava al suo passaggio tutto ciò che mi venisse offerto negli anni non più reali che vivevo”.

Ritroviamo la reincarnazione completa dell’assurdo Camusiano in Meursault, che dimostra la sua indifferenza verso la morte della madre, la violenza, il giudizio sociale e giudiziario e persino verso il suo destino. Adotta un disinteresse meccanico che non tenta di rispondere ad alcun tipo di domanda e si rifiuta di ricercare un significato. È completamente rassegnato all’assurdità dell’esistenza, pertanto si lascia trasportare dal flusso della vita, dal quale viene sommerso. Tuttavia, in questa consapevolezza, il protagonista trova una forma di libertà abbandonando la speranza e accettando la vita per quello che è: priva di senso e casuale. 

“Come se quella grande ira mi avesse purgato dal male, liberato dalla speranza, davanti a quella notte carica di segni e di stelle, mi aprivo per la prima volta alla dolce indifferenza del mondo”.

I personaggi secondari, invece, si comportano diversamente: Marie, per così dire “l’amante”, rappresenta la prima e unica persona con la quale il protagonista tenta di instaurare un legame relazionale autentico, ma le barriere della sua apatia appaiono invalicabili e sono continuamente in contrasto con la passionalità della donna. Marie simboleggia la sfera affettiva dei legami umani: è coglibile infatti l’intento di sfuggire all’assurdo tramite l’amore e la passione, il significato è ricercato nella relazione con il protagonista.

Abbiamo poi Raymond che, pur non essendo il protagonista, funge da  “detonatore” dell’intera trama: espressione di carnalità e violenza, coinvolge Meursault in una concatenazione di vicende che si esauriscono con il delitto. È l’esempio perfetto di individuo irrazionale, assetato di vendetta e, soprattutto, dominato dagli impulsi che non riesce e non tenta neppure di reprimere. Traspare quasi che il problema dell’assurdo da lui non venga considerato e che ritrovi l’affermazione personale nella violenza. Il contributo di Raymond nella trama, oltre a quello già citato, è di evidenziare nettamente la passività di Meursault rispetto alla crudeltà. 

“ Gliele suonavo, ma con tenerezza, diciamo così.  Lei piangeva un po’.  Io chiudevo le imposte e la cosa finiva come al solito.  Ora però è una cosa seria.  E anche secondo me non l’ho punita abbastanza”.

In questo romanzo le norme sociali e giuridiche vengono completamente svuotate di significato, poiché il protagonista non riconosce la ragione per cui dovrebbe curarsene. Questa indifferenza provoca, sconvolge e soprattutto induce il lettore alla riflessione sulla propria condizione esistenziale, in particolar modo quando alla fine del romanzo l’apatia viene elevata al massimo. Il lettore si trova di fronte a parecchi dubbi fondamentali: inizialmente si origina un grande vuoto, ci domandiamo se effettivamente ci sia qualcosa di più travolgente di una morte certa che, prima o poi, in un modo o in un altro, raggiungerà tutti. 

Esiste qualcosa per la quale valga la pena vivere affrontando anche le più grandi difficoltà? Tale domanda, per la sua complessità, spinge il lettore a ricercare la risposta nella propria esperienza emozionale sperimentata rispetto a determinati eventi. Seppur trovando una risposta temporanea, la domanda rimane sempre aperta di fronte al continuo divenire della vita, ragion per cui questo romanzo valica il tempo rimanendo sempre attuale. Ma se, come Meursault, non si riesce in alcun modo a trovare risposta, il libro invita a trovare se stessi, a trovare uno scopo e farlo proprio, per colmare l’insopportabile vuoto esistenziale. 

Alessia Guerzoni

Alessia Guerzoni

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