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Recensione: Il ragazzo dai pantaloni rosa

da 4 Mar 2025Culture0 commenti

“Il ragazzo dai pantaloni rosa” è un film ispirato alla storia vera del quindicenne Andrea Spezzacatena, che il 20 novembre del 2012 si tolse la vita dopo aver subito atti di bullismo e cyberbullismo da parte dei compagni di scuola.

Il film, narrato dalla voce di Andrea dall’aldilà, ci racconta come il ragazzo sia arrivato a pensare di non avere altra via d’uscita e rappresenta un potente monito sulla pericolosità di quelle parole e di quei gesti che in apparenza ci possono sembrare innocui. 

Il film riesce a farci immergere all’interno della storia di Andrea portandoci quasi a provare le stesse emozioni che prova lui, nonostante sia presso a poco impossibile.

Ci sono un sacco di pensieri contrastanti riguardo questo film, c’è chi dice che non si capisce ciò che questo vuole esprimere, o che il messaggio non riesce ad arrivare ad un pubblico generale. 

Ciò non permette al film stesso di essere capito a pieno, lasciando il messaggio in secondo piano e non dando, secondo me, il giusto valore alla storia di Andrea che quasi viene coperta dalla cattiveria dei suoi “amici”.

Non è solo negativo però il riscontro di questo film: da un altro lato c’è un pubblico contento di ciò che ha visto perché è riuscito a trasmettere questo argomento ai propri figli. Il film ha reso possibile anche inanellare un discorso sull’argomento tra genitori e ragazzi, i quali sono riusciti a comprendere attraverso le immagini che a volte è vero ciò che si dice: le parole pesano più delle azioni. Inoltre, vedendo ciò che è accaduto ad Andrea, hanno capito l’importanza di intervenire e non lasciare che sia solo il tempo a fare il suo corso.

“Il ragazzo dai pantaloni rosa” è un film non esente da imperfezioni, ma i suoi pregi sono nettamente prevalenti: spicca una sceneggiatura che deve la sua solidità alla coerenza con la quale sono costruiti i personaggi e all’evidenza delle loro funzioni. 

È un film che va contro anche le solite costruzioni di questo genere: non decide di mettere in primo piano la storia ma addirittura a volte di questa viene sovrastata dalla musica; il film non ci da mai un messaggio chiarissimo a cui attaccarci ma lo lascia interpretare allo spettatore.

Insomma una domanda ci sorge spontanea: questa era la storia di Andrea o la regista, Margherita Ferri, ci vuole far capire che potrebbe essere stato chiunque a ritrovarsi in quella situazione?

E forse è proprio questo il filo che unisce gli spettatori: un ragazzo lo guarda capendo quali possono essere i suoi errori, ma allo stesso modo un genitore per capire quali possano essere le sue preoccupazioni. 

Benedetta Sermoneta

Benedetta Sermoneta

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