Cara zia,
ho provato a parlare di te, ma ogni volta che le parole cercavano di uscire le facevo tornare dentro. Ho provato a liberare la mia anima da questo peso, ma è come se tenesse i ricordi incatenati a sé. È passato più di un anno ed io ancora non riesco a lasciarti andare. Non riuscendo a parlarne, ho pensato di scrivere qualcosa, ma nulla. Mi mettevo lì, con la voglia di buttare tutto fuori, ma questa volta neanche la scrittura mi ha aiutata. Fino a ora.
Avrei voluto tanto raccontare di tutte quelle volte che siamo venuti a casa tua, riunendo la famiglia; o di quando mi prendevi in giro per il mio menù fisso di pasta in bianco. Raccontare di te, tenendomi stretti i sorrisi. Ma più che raccontare agli altri di te, forse avrei dovuto parlarti di più.
Sai, zia, avrei voluto dirti che a me i ragazzi non piacciono, ma ho sempre preferito tenere tutto dentro, rendendomi forse la vita leggermente più difficile. Dirti che l’estate scorsa ho incontrato una ragazza che è riuscita a farmi sbloccare un po’, le ho persino parlato di te. Ti sarebbe piaciuta. Dirti che sono più di due anni che scrivo, che grazie a Martina ho imparato a mangiare la lasagna con la besciamella o dirti che ti voglio bene, non lo dico mai a nessuno.
Da quando non ci sei più ho sentito, giorno per giorno, uno spazietto vuoto dentro la mia anima. Un momento prima eri lì, sempre affacciata al balcone come quando tornavo da scuola, e un momento dopo non c’eri già più.
Mi dispiace zia, mi dispiace se sono stata l’unica a non entrare in camera il giorno del tuo funerale, ma volevo ricordarti con quel sorriso, seppur stanco, dell’ultima volta in cui ci siamo viste.
Spero che queste parole arrivino fino a lì.
Ciao zia.
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