“Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere”.
Grazie a questa citazione del padre del fotogiornalismo Henri Cartier Bresson, è nata in me una smisurata passione per la fotografia. Fino ad allora avevo sempre considerato questa disciplina artistica come un mero reportage istantaneo, un archivio di ricordi la cui forma risultava insignificante, se non un’immagine illusoria di me sui social. La composizione e i colori dati dagli “occhi”, l’originalità della “mente” e il messaggio del “cuore” erano allora irrilevanti.
Il modus operandi di questo artista ha rappresentato un gong che mi ha svegliata dal sonno, attirandomi dentro una ragnatela da cui non sono più uscita. In poco tempo mi sono ritrovata in un mondo innovativo, ma memore; istantaneo, ma laborioso; espressivo, ma muto per chi non lo comprende.
Fin da subito mi sono appassionata alla fotografia cinematografica grazie al direttore della fotografia e vincitore di due premi Oscar Roger Deakins. Ho avuto l’onore di ammirarne i lavori nella mostra monografica Byways, organizzata dalla Cineteca di Bologna e, al Cinema Lumière, alla proiezione de “Le ali della libertà”.
Nonostante il permanere dell’interesse per questa disciplina, ben presto la mia attenzione si è spostata sulla fotografia analogica, in seguito al ritrovamento fortuito di una Canon AE-1 35 mm nella cantina di mio nonno. Dopo averla risistemata e aver comprato un rullino, ho cominciato a scattare e a sviluppare i miei lavori in camera oscura: inizialmente fotografie a colori, per poi passare al bianco e nero, di cui mi sono follemente innamorata.
Da quel momento in poi non ho mai smesso di imparare. Esplorare nuovi soggetti e tecniche mi donava un’emozione che non avevo mai provato prima. Le opere dell’artista giapponese Daido Moriyama mi hanno ispirato al giornalismo di strada, da cui è scaturito un interesse per la fotografia paesaggistica. I paesaggi, infatti, proprio come le foto, sono statici ed elementari all’apparenza, ma complessi e dinamici per chi “pone sulla stessa linea mente, occhi e cuore”.
Qui riporto due fotografie a confronto, una appartenente al mio primo rullino (scattata a Lisbona) e una all’ultimo (scattata a Roma).
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