Se prima risultava impossibile trovare qualcosa che accomunasse tutti noi giovani, oggi nel vivo di una pandemia globale risulta difficile il contrario. Quello che ci sembrava più normale fare lo concepiamo come qualcosa di distante: andare a scuola. Cosa ha comportato per noi la chiusura delle scuole? Come abbiamo accolto la novità della didattica a distanza?
Ecco le nostre esperienze.
Michela, studentessa di 17 anni
Non si parlava di altro. Ai TG, sui social, sul giornale, nelle radio ed era il discorso più discusso tra i passanti. Il 4 marzo non circolava nessun’altra notizia se non quella. Quindici giorni, né un giorno in più né uno in meno. Per quindici giorni le scuole di tutta Italia sarebbero rimaste chiuse.
Ricordo bene il pensiero al riguardo di chi mi circondava: chi fu felice, chi perplesso e chi da quel 4 marzo cominció a nutrire le prime incertezze e paure. Ed io? Io cosa provavo? Sapevo che da lì a poco tutto sarebbe cambiato e che anche la normalità quotidiana di andare a scuola non sarebbe più stata la mia di normalità.
Ricordo le prime videolezioni, i visi dei miei compagni e gli sguardi incerti dei professori. Per la prima volta sentivo anche loro profondamente vicini e legati a noi, davanti alla stessa paura eravamo tutti uguali.
Le settimane passarono e quei quindici giorni promessi si rivelarono di più. Quella che inizialmente mi sembrò una cosa estremamente surreale ed estranea divenne la mia nuova concezione di normalità. Ciò che divenne realmente estraneo furono le corse per entrare in tempo in classe, l’attesa del suono della campanella dell’ultima ora e il percepire le emozioni e le sensazioni dei miei compagni tramite l’accenno di un loro sorriso o di uno sguardo. Cose che appartenevano alla mia consuetudine, della quale mai mi sarei immaginata l’assenza.
Per tutta l’estate ci venne promesso che il rientro a scuola sarebbe stato certo. “La scuola deve riaprire, la scuola riaprirà”, “Il futuro e l’istruzione dei nostri ragazzi prima di qualsiasi altra cosa” furono promesse che mi accompagnarono per tutto il periodo estivo. Sapevo bene che ciò che stavamo vivendo fosse una cosa che non si poteva controllare, imprevedibile e più grande di noi, quindi qualsiasi decisione presa sarebbe stata temporanea e variabile. E così fu, nemmeno il tempo di riaprire che dopo pochi giorni venne decisa una nuova chiusura. Così iniziai nuovamente a nutrire quelle incertezze e paure che stavano svanendo, e ancora oggi l’incertezza di ciò che prospetta il futuro è un pensiero invadente.
La scuola ha bisogno di essere vissuta e noi abbiamo la necessità di toccarla con mano.
Rachele, studentessa di 16 anni
Era il 4 Marzo 2020, era un mercoledì e io e la mia classe durante la ricreazione scoprimmo che per un periodo, esattamente quindici giorni, non avremmo più avuto la possibilità di andare a scuola a causa del virus che stava iniziando a circolare in Italia.
L’11 Marzo si annunciò la pandemia e da quel momento in poi la nostra vita non fu più come l’abbiamo sempre vissuta. Così iniziammo le videolezioni, per quanto mi riguarda molto in ritardo. Mi sentivo malinconica, depressa, mi mancava la mia vita, andare a scuola, stare con i professori, con la mia classe, con le risate e le spiegazioni in presenza.
Finalmente arriva il 5 Giugno, l’ultima videolezione. Si poteva già uscire di casa, ma nella mia testa si pose subito la domanda su come sarebbe stata la ripresa scolastica a settembre. Come avremmo preso i mezzi? Ci sarà l’obbligo della mascherina? Potremo sederci vicini? E di certo durante l’estate queste domande non svanirono. Bastava un’uscita con gli amici per tirare fuori questo argomento. Ero molto preoccupata che non saremmo più tornati in presenza, e questa cosa mi metteva molta paura, ma era semplicemente la cosa giusta da fare.
Arrivò l’1 settembre e le domande aumentarono. Cosa faremo? Andremo a scuola? Come si saranno organizzati? E nonostante i continui annunci al telegiornale, noi studenti non sapemmo nulla fino all’ultimo momento.
Arrivò il 6 Novembre e dopo vari cambiamenti di modalità di studio arrivò anche il nuovo DPCM, in cui Conte, il nostro Presidente del Consiglio, annunciava che le scuole superiori di 2° grado avrebbero continuato la didattica a distanza al 100%, tranne per chi faceva i laboratori. Appena ascoltai questo comunicato al telegiornale mi sentii come se quel brutto periodo della quarantena non fosse soltanto un lontano e spiacevole ricordo. Allo stesso tempo, da una parte, mi sentii sollevata, sia per i casi che potevano diminuire, sia per i laboratori che sarebbero rimasti aperti, dandomi la possibilità di andare una volta a settimana in presenza.
Adesso sono ancora in DAD e forse il 7 Gennaio 2021 si tornerà a scuola, con la speranza che tutto.
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