Concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso. Questa è l’accusa con cui Anna Donelli, una suora italiana di 57 anni, si è ritrovata all’inizio dello scorso dicembre agli arresti domiciliari, poi revocati il 30 dello stesso mese.
Durante un’inchiesta della Procura di Brescia, che ha portato complessivamente a trenta arresti, è emerso che Suor Anna, da tempo attiva come volontaria nelle carceri di San Vittore e in quelle bresciane, avrebbe messo a disposizione del gruppo criminale Tripodi un’opera di assistenza spirituale nelle case circondariali. Tale opera sarebbe stata utilizzata per trasmettere ordini, direttive e fornire aiuti morali e materiali ai sodali o ai soggetti vicini al sodalizio reclusi in carcere. Suor Anna, sempre secondo l’accusa, avrebbe ricevuto informazioni dai detenuti utili a pianificare meglio le strategie criminali per reagire alle attività investigative delle Forze dell’Ordine e dell’Autorità Giudiziaria.
Intercettando le sue comunicazioni, gli investigatori hanno sentito Stefano Tripodi, capo della banda con sede a Brescia, parlare del ruolo della suora. “È una di noi”, avrebbe dichiarato. Il passaggio di informazioni avveniva durante i colloqui, facilitando lo scambio tra i detenuti e i loro familiari, soprattutto in caso di divieto di visite. Inoltre, la suora avrebbe risolto dissidi e conflitti tra i detenuti all’interno del carcere e si sarebbe rivolta al clan anche per affrontare questioni personali. Suor Anna e i suoi legali hanno negato ogni accusa.
Anna Donelli era stata una delle vincitrici del “Panettone d’Oro”, un premio assegnato per la “virtù civica” da un gruppo di associazioni milanesi, grazie al suo impegno nella riabilitazione dei detenuti. A proposito del suo ideale di carcere affermava:
“Ho imparato a riconoscere i mostri e le miserie che sono in me, assieme ai doni, e a capire quanto sia difficile metterli in dialogo affinché non facciano a pugni, ma possa prevalere la risorsa sul danno. Se ogni persona è prima di tutto persona, conta prendersi cura delle vittime o dei familiari delle vittime di reato tanto quanto di chi lo ha commesso, perché solo così si toglie potere al male che in ciascuno di noi abita assieme al bene ‘.https://www.milanotoday.it/cronaca/chi-e-suor-anna-donelli.html
Le intenzioni di Suor Anna sembrano essere delle migliori. Quindici anni trascorsi all’interno delle carceri per combattere quella che lei definiva “la paura dei detenuti: la solitudine“. Nessuno sembrava avere parole negative su di lei: da alcune interviste emerge come avesse già aiutato molti ragazzi durante il loro percorso. Tuttavia, forse anche lei si è ritrovata ad aver bisogno di un aiuto e, affidandosi a persone sbagliate, potrebbe essere finita su una strada che tradiva i suoi ideali di carcere e riabilitazione.
Una figura come la sua dovrebbe diffondere serenità e fiducia tra i cittadini, che invece si sarebbero ritrovati inconsapevolmente a interagire con una collaboratrice, secondo la Procura, della stessa mafia che minaccia la tranquillità del Paese. Questo non solo ha offuscato la sua immagine, ma l’avrebbe portata a tradire i suoi stessi principi, interpretando forse in modo troppo letterale il precetto cristiano di aiutare sempre il prossimo.
In attesa di processo, Suor Anna è tornata libera il 30 dicembre scorso su decisione del Tribunale del Riesame. La sua posizione verrà chiarita nelle prossime settimane seguendo l’iter giudiziario.
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