Cari lettori, noi ragazzi della redazione di Ammazzacaffè abbiamo deciso con questo articolo di mettere a confronto due generazioni: la Z (i giovani nati tra il 1997 e il 2012) e la X (gli adulti nati tra il 1965 e il 1980), attraverso numerose interviste, che speriamo possano intrattenervi e, perché no, farvi anche un po’ riflettere.
La musica che ci unisce
Da sempre la musica ci accompagna nella nostra vita, regalandoci gioia e profonda commozione. Tocca le corde più profonde dell’animo, risvegliando sentimenti che tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla propria cultura di provenienza o dal proprio pensiero politico, riconoscono in se stessi. Le canzoni, i gruppi e i cantanti più amati e le mode riflettono poi lo spirito e la cultura di un’epoca. Allora, come sono cambiati i gusti musicali negli ultimi decenni? Passiamo la parola ai nostri intervistati.
Barbara, 55 anni, ci parla con entusiasmo dei mitici anni ‘80, in cui è stata adolescente: “Sono stati anni musicalmente fantastici, perché hanno visto nascere tantissime pop-band come Duran Duran, Spandau Ballet, A-ha, Culture Club, Wham, Eurythmics, Alphaville, rock-band come Europe, Guns N’ Roses, Bon Jovi, The Cure, cantanti pop come Madonna, Michael Jackson, Prince, Cindy Lauper e il consolidarsi del successo di gruppi nati nella metà degli anni ‘70, come Queen, Dire Straits, Scorpions e The Alan Parson Project. C’era veramente l’imbarazzo della scelta. Io li ascoltavo tutti, ma avevo una passione per gli A-ha e in particolare per il front-man del gruppo Morten Market di cui ero follemente innamorata! Prediligevo la musica straniera, ma ascoltavo anche musica italiana; mi piacevano soprattutto Eros Ramazzotti, Anna Oxa e Luca Carboni”.
Proprio come Barbara, anche Federica, 60 anni, adorava gli Spandau Ballet e i Duran Duran ed il suo cantante preferito era Eros Ramazzotti. Il suo quasi coetaneo Roberto, 59 anni, aveva come mito i leggendari Beatles. Stefania, 45 anni, ascolta musica leggera italiana e da sempre adora Cesare Cremonini, mentre Michela, 43 anni, ha ascoltato fin da piccola il mitico Vasco Rossi e cresciuto le sue figlie a pane e Modà.
E la generazione Z? Quali cantanti ama?
Veronica, 19 anni, va matta per Massimo Pericolo e Lana del Rey, mentre Adele, 16 anni, ama Achille Lauro e ascolta soprattutto musica pop e pop-rock, di artisti sia italiani che stranieri, oltre a diversi brani di musica classica, poiché suona il pianoforte.
È stata però la risposta di Aurora, 17 anni, ad essere la più insolita e anticonvenzionale tra tutte. Infatti, pur considerando Ghali il suo cantante preferito, afferma: “Fin da piccola mi è sempre piaciuta moltissimo Raffaella Carrà ed ho anche dei suoi vinili che mi sono stati regalati anni fa”. I vinili… Ad oggi non sono di certo uno strumento usuale per ascoltare musica, ma possiedono un fascino indescrivibile.
Le giovani Adele e Veronica ci hanno detto che ascoltano la musica su Spotify, YouTube Music, sull’applicazione gratuita Musiciana e, quando sono in macchina, per radio.
È vero, questi strumenti sono molto più semplici da utilizzare. Ma chissà… forse il punto è che noi siamo una generazione poco abituata ad aspettare. Chi si prenderebbe mai la briga di riavvolgere il nastro di una cassetta con una Bic, quando si può semplicemente prendere il telefono e mettere in un minuto la canzone che si desidera ascoltare? Dobbiamo ammettere però quanto sia bello ascoltare la musica in un formato fisico come il vinile. Quest’ultimo ha avuto il suo maggior successo negli anni ‘50 e ‘60: tutte le più grandi band del mondo e i più grandi artisti devono molto a questo supporto, che ha consentito al grande pubblico di acquistare la loro musica e ascoltarla ovunque con un giradischi.
Quindi, come ascoltavano la musica i nostri intervistati? Le risposte sono state unanimi: erano soliti utilizzare vinili, cassette, walkman quando viaggiavano o ancora la radio, cui spesso facevano richieste musicali telefoniche.
Michela, in particolare, ci ha dato una risposta molto dolce: “Mia mamma ha sempre avuto la radio e anche oggi la usa ancora. Aspettavo una bella canzone già la mattina a colazione con la radio vicino al tavolo della cucina”.
Federica ci ha poi detto: “Ascoltavo la musica tramite le cassette e la registrava il mio amico che lavorava in radio. Vedevo i video musicali in televisione, durante le trasmissioni”. Già, le trasmissioni musicali. Ai tempi non c’era YouTube e, come ci racconta Barbara, per vedere i video dei propri artisti preferiti si guardavano programmi come Superclassifica Show e Discoring e ci si connetteva ai canali MTV e VideoMusic.
I concerti
La musica, però, non viene ascoltata solo individualmente, ma lega le persone e proprio per questo costituisce uno strumento fondamentale, capace di abbattere ogni tipo di barriera e di conflitto, unendo generazioni e consentendo a coloro che sono più distanti di identificarsi nelle medesime melodie. Pensiamo ai concerti: stadi e palazzetti gremiti di migliaia di fan, che condividono la forte emozione di assistere all’esibizione dei loro artisti del cuore, traboccando di eccitazione e cantando a squarciagola i brani; ognuno rivive i propri ricordi e le proprie diverse esperienze di vita, sentendosi al tempo stesso incredibilmente connesso con sconosciuti, che come lui si riconoscono in quei testi e in quelle note.
A tale proposito, la signora Federica ci racconta: “Sono andata ai concerti di Eros Ramazzotti, Eugenio Finardi e Fabrizio De Andrè. Insomma, i cantanti che venivano in Sardegna, dato che abitavo lì! Anzi, andavo anche a cena con loro, perché un mio amico, essendo deejay di Radio Barbagia, una delle più ascoltate in Sardegna, organizzava i concerti. Il migliore è stato quello di Eros”.
Michela ci dice: “Il concerto migliore è stato sicuramente quello di Vasco Rossi, il mio cantante preferito, perchè la sua musica mi emoziona”.
Anche Aurora ama i concerti: “Nella mia vita sono andata a due concerti: quello di Tananai, che mi ha colpito moltissimo per l’atmosfera, e quello di Ghali, di cui ho amato le canzoni. Per i prossimi mesi in programma ho il concerto di Mahmood, quello di Olly e quello di Achille Lauro. Non vedo l’ora!”.
Il Festival della Canzone Italiana
Ad unire le persone, poi, ci sono le trasmissioni televisive che ci intrattengono e forniscono un ottimo spunto di conversazione. E quale potrebbe mai essere in Italia il programma musicale per eccellenza se non Sanremo?
Il Festival della canzone italiana si tiene ufficialmente per la prima volta nel 1951 al “Casinò” di Sanremo, sede del programma fino al 1976, e nasce come trasmissione radiofonica. Solo quattro anni dopo, nel 1955, comincerà ad essere trasmesso in modo periodico in diretta televisiva sul canale nazionale RAI. Dalla prima edizione, con la vittoria di Nina Pizzi con “Grazie dei fiori”, ad oggi sono trascorsi ben settantaquattro anni, periodo in cui il Festival si è continuamente evoluto…
È migliorato o peggiorato? Tiene ancora incollati allo schermo? A rispondere a queste domande sono gli spettatori e i loro pareri risultano piuttosto contrastanti.
Veronica e Michela non amano particolarmente la trasmissione e non la guardano in TV, ma, attraverso i social, rimangono aggiornate su ciò che accade nelle varie puntate.
Invece Federica guardava Sanremo da ragazza e registrava anche le canzoni in modo da poterle riascoltare a scuola con i compagni, ma ritiene che ora il programma sia peggiorato.
Però c’è anche chi guarda Sanremo con grandissimo entusiasmo.
Barbara ci racconta: “Sanremo era un’istituzione per me, ma solo a partire dai 15 anni. Prima lo consideravo una “cosa da vecchi”. I Sanremo del 1985 e del 1986 segnarono la svolta: furono fantastici e, oltre alle belle canzoni in gara, furono invitati alcuni tra i più bravi cantanti stranieri dell’epoca. Sanremo lo seguo da allora, ma preferivo quelli degli anni 80/90 per la musica proposta”.
Poi, come testimonia Adele, ad oggi il Festival, grazie al fatto che negli ultimi anni vi stiano partecipando sempre più cantanti conosciuti tra i giovani, appassiona anche i ragazzi ed è capace di assecondare i gusti di un pubblico più ampio, costituito da diverse generazioni.
Aurora ci racconta esaltata: “Io amo Sanremo. Lo guardo sempre, fin da quando sono piccola e non mi perdo neanche una puntata. Mi piace tantissimo commentare con i miei amici e la mia famiglia le canzoni, gli outfit, la conduzione e le performance. Inoltre mi diverto molto ad utilizzare l’app Fantasanremo, con cui posso comporre una squadra di cantanti e sfidare gli altri concorrenti”.
Moda e musica
Vi siete mai ispirati ad un cantante o ad una celebrità per comporre il vostro outfit? I look degli artisti, soprattutto negli ultimi settant’anni, in cui, con l’avvento della televisione ed ora dei social, la loro immagine è sotto gli occhi di tutti, sono spesso oggetto di discussione ed influenzano il modo di vestire dei giovanissimi.
Pensiamo ad una popstar come Lady Gaga, alla “rockstar girlfriend aesthetic”, in gran parte ispirata ai look dei Maneskin, o ancora al K-pop, il pop coreano e al gruppo, tra i tanti, delle Blackpink, cui tante ragazzine si ispirano nel vestire.
Il punto più alto di questo fenomeno si è però verificato negli anni ‘80.
Queste le parole di Barbara: “Nella mia città esistevano tre diversi movimenti giovanili: paninari, metallari e dark. Pur non appartenendo ad alcuno di essi, ero particolarmente affascinata dai dark, mentre non sopportavo i paninari, che, nonostante fossero considerati i “fighetti” dell’epoca, si vestivano malissimo, soprattutto quando indossavano gli informi piumini Moncler. Verso i 15, 16 anni noi ragazze, quando andavamo alle feste, imitando lo stile di Madonna dei primi anni, indossavamo nastri di pizzo nei capelli e gonne particolari come le sue”.
Federica, invece, ci ha raccontato che si vestiva come Olivia Newton John e che conosceva molte persone che prendevano ispirazione dal suo stile: “Per noi era un mito soprattutto perché la ritenevamo molto dolce”.
Il sentimento dell’anemoia
A qualcuno è venuta un po’ di nostalgia? Forse, si tratta di “anemoia”. Probabilmente non avete mai sentito questa parola… Infatti, si tratta di un termine coniato nel 2012 dal neologista americano John Koenig, nel suo progetto “The Dictionary of Obscure Sorrows”, che ha come scopo quello di dare un termine a delle emozioni che hanno la carenza di un termine proprio. Con questo vocabolo si intende la nostalgia verso un tempo o un luogo in cui non si è mai vissuti, la convinzione di essere nati nell’epoca sbagliata e che forse in un tempo passato si sarebbe stati più felici.
Vi è mai capitato di provare questa sensazione? Vi sarebbe piaciuto vivere in un’altra epoca? Abbiamo posto questa domanda ai nostri intervistati.
In particolare, abbiamo chiesto ai più giovani se avrebbero preferito nascere negli anni ‘70, ‘80 o ‘90 e agli adulti se sarebbe loro piaciuto essere adolescenti nel 2025.
I giovani si sono dimostrati generalmente aperti di fronte alla proposta.
Veronica ci comunica: “Sinceramente non saprei. In un primo momento risponderei di sì, perché i miei genitori mi raccontano molto spesso di quegli anni, soprattutto dal punto di vista del panorama musicale, che era molto più ampio di quello attuale. Ad esempio, c’erano miti come i Queen e i Pink Floyd e sarebbe stato fantastico vivere in quel periodo. Però, dal punto di vista culturale, sono più in dubbio. C’erano violenza e tante rivolte e non credo che sarei riuscita a sopportare determinate situazioni, che sì, sono presenti anche oggi, ma con meno frequenza. Mi piacerebbe vivere in quegli anni se potessi scegliere di eliminare gli aspetti negativi”.
Aurora invece ci racconta: “Non so se mi sarebbe piaciuto essere un’adolescente negli anni ‘70, ‘80 e ‘90, perché come criterio di paragone ho soltanto gli anni in cui vivo adesso. Prima di dare giudizi dovrei vivere un’esperienza in quegli anni ma, dato che non è possibile, ora come ora penso di preferire la mia epoca, perché abbiamo molti più strumenti tecnologici. Questi rendono più facile la comunicazione e l’informazione: infatti, basta accendere un qualsiasi dispositivo elettronico per sapere cosa sta succedendo dall’altra parte del mondo, mentre in passato non era così. Senza dubbio c’erano degli aspetti positivi della vita negli anni ‘70, in particolare nelle relazioni sociali: tutto era più vero e genuino e, quando si usciva, non avendo a disposizione cellulari che possono distrarre, si trascorreva più tempo con gli amici. Ciononostante, sono contenta di vivere nel 2025 e penso di preferire l’epoca attuale”.
Adele, invece, annuncia che le sarebbe piaciuto essere un’adolescente negli anni ‘90: “La moda di quel periodo era meravigliosa: i jeans a vita bassa, il minimalismo, le minigonne tartan rosse e nere… Nuovi look e stili lanciati da super modelle come Kate Moss. Gli anni ‘90 costituiscono un ponte tra passato e futuro. Da una parte, la curiosità e la fiducia per i fascinosi anni 2000, ma dall’altra l’utilizzo delle lettere per comunicare. L’attesa della risposta era un momento di apprensione, curiosità, fiducia, e tanta aspettativa, qualcosa di magico che oggi, con la possibilità di scambiarsi messaggi in tempo reale, non si può più provare. Anche se Internet c’era già, la vita vera era fuori, nelle piazze, nei pomeriggi passati a fare nulla sulle panchine, nelle estati infinite in cui ci si perdeva e ritrovava senza bisogno di geolocalizzarsi. Essere adolescenti negli anni ‘90 significava vivere ogni cosa con più intensità, più passione, senza filtri e senza l’ossessione di doverlo raccontare subito a tutti. Era un’epoca in cui la noia era ancora creativa e le amicizie si costruivano senza bisogno dei social media”.
Gli adulti sono stati piuttosto unanimi nelle risposte. Risposte che, a nostro parere, suscitano una profonda riflessione.
Federica afferma che al giorno d’oggi i ragazzi si fanno troppe paranoie e troppi problemi, non riuscendo a godersi la vita, e Roberto concorda con lei, aggiungendo che alla loro epoca le relazioni umane erano al centro della vita quotidiana e che purtroppo ora non è più così.
Anche Stefania, è della stessa opinione: “No, perché c’è un utilizzo massiccio di internet e social che mettono in pericolo la propria persona e la propria immagine. Gli adolescenti di oggi non riescono più a pensare con la propria testa e a fare scelte ragionate, perché si fanno travolgere da tutto quello che viene pubblicato sui social”.
L’unica ad aver affermato di apprezzare alcuni aspetti della generazione di noi giovani, pur essendo contenta di essere nata nella sua epoca, è stata Barbara: “Da adolescente ho sempre subito la fascinazione delle epoche passate e a volte mi sono chiesta come sarebbe stato essere adolescente negli anni ‘70 o ‘60 o addirittura verso la fine dell’800. Non riesco ad immaginare che adolescente sarei oggi. Una come me che fa fatica anche a farsi fare una fotografia o a farsi riprendere in un video di famiglia, non sopravviverebbe nell’epoca dei social e del mondo virtuale. Però ci sono delle cose di voi ragazzi che ammiro e “invidio”: parlate bene le lingue, viaggiate e vi muovete con disinvoltura e soprattutto siete più inclusivi e con meno pregiudizi. Ad oggi rispondo come probabilmente risponderebbe qualunque adulto di qualunque età, ovvero dicendo che la mia epoca è stata la più bella. Immagino che tra molti anni risponderete la stessa cosa ai vostri figli e ai vostri nipoti. E sapete perché? Perché la giovinezza è il periodo più bello, perciò non sprecate questi anni e godeteveli finché potete!”.
Conclusioni
Cari lettori, speriamo vivamente che questo articolo possa avervi intrattenuto. Ovviamente quelli riportati sono solo alcuni degli innumerevoli punti di vista e pensieri riguardo agli argomenti trattati. Perciò, se mentre leggete vi immedesimate nella risposta di qualcuno o, al contrario, siete completamente in disaccordo, scrivete un bel commento qui sotto!
Un articolo di Helena Latronico, Ginevra Cialfi, Virginia Sestito, Nicole Stagni, Martina Monteleone, Giorgia Grasso, Arianna Cionchi, Benedetta de Morais
SITOGRAFIA
Cultura anni 80: gli usi e costumi dei giovani – Stile Millelire.
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