Le primarie del Partito Democratico sono state un’imbarazzate ma splendido esempio di esercizio della democrazia.
Imbarazzante perché dal risultato scontato e dai toni fin troppo paternalistici, e poi perché a scontrarsi non erano tre proposte (tutte molto simili), ma tre modi di comunicare. E il modo il comunicare di Orlando ed Emiliano, nel bene e bel male, è ciò di più lontano da quello di un leader politico moderno, ciò che Renzi vuole diventare. Da questo punto di vista, la scelta fra i tre era, purtroppo, ovvia.
Ma splendido perché unico vero esempio italiano di democrazia realmente diretta e trasparente all’interno di un partito, un concetto fin troppo abusato e sopravvalutato, ma che a piccole dosi, e senza chiedere troppo al cittadino, può migliorare di un filino il rapporto tra popolo e potere.
E da questo imbarazzante ma splendido esempio di democrazia, il Pd poteva uscirne davvero bene. E in parte, infatti, queste primarie sono state un successo. Buona affluenza (se teniamo conto degli ultimi difficili anni), pochi casi di incongruenze nelle votazioni e grande risalto mediatico.
Ma fare le cose bene fino in fondo non sembra essere fra le priorità della nostra sinistra. In primo piano c’è la questioni percentuali.
Che le primarie le avrebbe vinte Renzi, era fin troppo ovvio. L’unica incognita erano proprio le percentuali. Numeri all’apparenza poco utili, che invece nel caso delle primarie significano molto in termini d’equilibrio interno al partito. I primi dati “ufficiosi” sono arrivati solo all’ora di pranzo di lunedì primo maggio. La sera prima i candidati avevano ammesso la sconfitta (Orlando ed Emiliano) o cantato vittoria (Renzi) basandosi sulle proiezioni. Era ovvio che tutto ciò avrebbe portato polemiche. Meno ovvio era che queste polemiche sarebbero arrivate dal partito stesso. Andrea Orlando, infatti, ha già contestato il 19,5%. Secondo lui la percentuale è stata abbassata (non si sa da chi) di un paio di punti.
Poi c’è la questione della reale utilità della consultazione.
È difficile credere che Orlando ed Emiliano fossero davvero convinti di poter battere Renzi, anzi, forse queste primarie sono state utili proprio al neo segretario, di nuovo, per cercare, di nuovo, un appoggio popolare. E questa fiacchezza nel dibattitto, questa retorica e questa grande approssimazione nelle proposte gli elettori del Pd l’hanno sentita. Da qui il grande calo d’affluenza e quella sensazione di una battaglia utile solo per se stessi.
Una prova di forza per Renzi, per il partito e per la democrazia. Democrazia che verrà ancora chiamata in causa tra qualche settimana per le amministrative e poi di nuovo fra meno di un anno, se non prima, per le elezioni del parlamento, la sesta grande consultazione popolare in 24 mesi. Tutto molto bello, ma anche un po’ stancante.
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