Il mesiversario della quarantena è a una settimana di distanza, e io mi ritrovo senza uno spicciolo di storia interessante. Normalmente già solo con l’ora e mezza giornaliera sui mezzi pubblici avrei qualche episodio curioso in tasca, ma in 500 e passa ore di quarantena neanche uno, e sfortunatamente quelli che in questa situazione hanno materiale da raccontare probabilmente hanno aneddoti non positivi.
Questa quarantena non è una tortura se come me si ha la fortuna di avere tutte le persone più vicine in perfetta salute. Non ha un brutto sapore, è semplicemente sciapa. L’assenza di quel companatico della vita che sono le persone si fa sentire aspramente, anche in ragazzi, come me, di quella generazione social che nei precedenti anni si è involontariamente allenata per questa situazione.
Non che precedentemente qualcuno ne fosse all’oscuro, ma la dinamica in corso ci ha messo una lente davanti agli occhi per farci vedere, in tutta la sua enormità, quell’oceano di insipidità che c’è tra il vivere e il sopravvivere.
Fortunatamente per molti questa esperienza non è un codice nero, ma di sicuro non ci stiamo godendo questo codice grigio. Sappiamo solo che i colori alla fine del tunnel saranno molto più belli di quelli prima dell’entrata.
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