L’Italia è piccola, eppure sono moltissimi i paesi, i borghi e le frazioni del nord che nella stagione turistica invernale si trasformano in veri luoghi da fiaba. Sembra banale dirlo, ma una fiaba per essere tale ha bisogno di personaggi d’eccezione: in questo caso non re o principesse, ma maestri di sci, addetti agli impianti, ristoratori e albergatori.
È gennaio e in un bar di Pila, frazione di Gressan in provincia di Aosta, parlo con Gianluca, maestro di sci da 10 anni, circondati da un paesaggio mozzafiato. Del resto si sa, la neve rende tutto un po’ magico.
Gianluca mi racconta che “in valle” c’è tutto ciò di cui si ha bisogno e durante l’anno le manifestazioni che attirano visitatori da tutta Italia, ma anche da tutto il mondo, non sono poche. Nell’ambito sportivo, infatti, d’inverno Pila ospita i campionati italiani allievi e ragazzi di Sci alpino, e d’estate è una delle più importanti località di riferimento per il mondo del Downhill, anche a livello internazionale.
Mentre parliamo, Gianluca , anche detto “Scar”, ripete più volte quanto il lavoro che lui e i suoi colleghi fanno sia tanto bello quanto difficile: certamente passano le giornate facendo ciò che amano, ma tra una lezione e un’altra… no, scusatemi, non esiste “tra una lezione e un’altra”, scarponi ai piedi non-stop dalle 9.00 alle 16.00 e a seguire assemblee e riunioni.
Diventare maestro non è semplice come prendere uno Skilift. Oltre a una grande componente di prove pratiche, gli aspiranti maestri devono superare circa 15 esami, da quelli di pedagogia a quelli di fisica applicata, passando per quelli di nivologia e valanghe.
Tra una curva ben condotta e una derapata, scendendo tra le piste, ecco un’altra figura fondamentale per la creazione di tutto ciò: gli addetti agli impianti; chi si occupa di sicurezza e primo soccorso e i “Pisteurs”, ovvero coloro che si occupano della manutenzione delle piste.
Ad Aprile, tolti gli scarponi, c’è chi parte per un lungo viaggio. Per quanto riguarda il resto dell’anno, la terra e il clima offrono lavori ben diversi: c’è chi possiede stalle e chi vigne, e anche in questo caso l’impegno porta i suoi frutti. Infatti il turismo continua grazie a un’alta produzione di vino, formaggi ed altre specialità, come il lardo di Arnad e il jambon de Bosses. Insomma, “se ti piace la moda non vieni qui!”.
La cosa che senza dubbio caratterizza questo luogo è il dialetto tipico: il “Patois”, scoperto in funivia origliando due addetti all’impianto e spiegato dal maestro Hervé. Anche se presenta alcune differenze a seconda della zona, questo dialetto nasce dall’unione del francese e dell’italiano, eppure, posso garantire, né italiani né francesi al primo ascolto capiscono cosa si stia dicendo.
Beatrice Ciocca
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